Il Regno d'Italia

Fu nel periodo napoleonico, e grazie all'opera di Giuseppe Bonaparte e di Gioacchino Murat, che la città riacquistò importanza marittima e militare. Nel 1806, Napoleone Bonaparte istituì il Ducato di Taranto, che comprendeva Taranto, Ceglie Messapica, Grottaglie, Leporano, Ostuni, Carovigno, <San Vito dei Normanni, Sava, Oria e Francavilla Fontana. Furono infatti costruite nuove caserme e fortificazioni, come il Forte de Laclos sull'Isola di San Paolo.
Il 9 settembre 1827, un'alluvione provocò danni a molte case e alle mura che cingevano la città, allagando le campagne circostanti e trascinando a mare interi armenti, distruggendo tutti gli insediamenti di mitili del mar Piccolo e causando una lunga carestia.

Con il ritorno dei Borbone, che non le attribuirono mai l'importanza che meritava, Taranto conobbe nuovamente un lungo periodo di abbandono, fino a quando le truppe di Giuseppe Garibaldi la occuparono nel 1860.

In seguito all'incorporazione di Taranto nel Regno di Vittorio Emanuele II di Savoia avvenuta nel 1861, i Tarantini Cataldo Nitti e Nicola Mignogna si adoperarono per il suo rilancio sia marittimo, sia militare, contribuendo a far assumere alla città una nuova fisionomia.

Venne infatti istituita la Base Navale con l'Arsenale Militare Marittimo, venne abbattuta la parte occidentale del Castello Aragonese e trasformato l'antico fossato in un canale navigabile, le cui due sponde opposte saranno congiunte dal Ponte Girevole, dando finalmente inizio all'espansione oltre il canale con nuove costruzioni edilizie.

Il 1883, una seconda e ben più memorabile alluvione colpì ancora una volta il Borgo Antico. Si legge in un resoconto del giornale dell'epoca "Rinnovamento di Taranto":

"Questa notte, dopo un temporale durato parecchie ore, con lampi, tuoni, fulmini ed acqua torrenziale, il livello del mar Piccolo si è elevato di quasi 3 metri. Quindi tutta la Piazza Grande e Via Garibaldi, le case e le botteghe a piano terreno sono rimaste inondante a più di un metro sott'acqua. In piazza e la su indicata via si eseguiva il salvataggio per mezzo di barche. Ma i danni sono stati moltissimi. La violenza della corrente che si riversava con impeto indicibile, dall'uno all'altro mare, ha completamente abbattuto il gran Ponte di Napoli, e la Cittadella, battuta alla base dalla violenza dell'acqua, minaccia rovina, sicché si è dovuto ordinare l'immediato sgombero di tutti gli abitanti. Anche Porta Lecce è pericolante e s'è impedito il passaggio delle persone. Questo improvviso disastro ha gettato la città nella desolazione. Pare vi siano parecchie vittime. Pare che le sciaie delle ostriche e delle cozze abbiano immensamente sofferto, se pur non sono state distrutte totalmente. Tutti i terreni circostanti al mar Piccolo sono devastati, inondati, irriconoscibili. Quanta sventura! Quanta miseria che si prepara! La Giunta si è costituita in permanenza. Un servizio di barche è stato organizzato dalla batteria Carducci alla Stazione. Si provvede a togliere l'acqua da Via Garibaldi per mezzo di pompe atteso l'altezza del livello del mare le cui acque rigurgitano dalle chiaviche e dai pozzi all'interno delle case. A memoria d'uomo non si ricorda un fatto simile, il quale dimostra o che le leggi della natura si sono alterate o che l'anno 1883 sia destinato a rimanere nella storia col nome di nefasto.".