Eta' Ellenistica

Intorno al 500 a.C. la città era governata da un istituto di tipo monarchico. È noto infatti un re tiranno di nome Aristofilide ed una conflittualità politica tale da provocare un gran numero di esuli.

L'ultimo re tarantino, legato ad una discendenza che prediligeva interessi di tipo esclusivamente agricolo, fu indotto per mentalità a tradurre erroneamente la grandezza della sua gente in potenza bellica. Per questo, continue furono le aggressioni condotte ai danni dei vicini Peucezi e Messapi, fino alla definitiva sconfitta subita da parte degli Iapigi nel 473 a.C., annoverata dallo storico greco Erodoto tra le più gravi sconfitte inflitte a popolazioni di stirpe greca. Questo evento provocò la crisi della classe aristocratica al potere, che non poté opporsi ad una rivoluzione istituzionale di tipo democratico, in quanto decimata dalla guerra: molti aristocratici furono uccisi e gli stessi Pitagorici vennero allontanati.

Nella prima metà del V secolo a.C. la città subì una profonda trasformazione urbanistica. Si costruì infatti una nuova cinta difensiva e si ampliò la superficie monumentale, che raggiunse il suo culmine con la costruzione di un imponente tempio dorico sull'acropoli.

La democrazia, tuttavia, confermò la politica aggressiva nei confronti del mondo esterno. Tra il 444 a.C. ed il 433 a.C., la città intraprese una guerra per il possesso della Siritide contro la colonia panellenica di Thurii, conclusasi con l'accordo per la costituzione di una subcolonia mista di Thurini e Tarantini, che prese il nome di Heraclea, in cui, però, prevalse ben presto la componente dorica di Taranto.

Verso la fine del secolo, Taranto si allineò alla politica di Sparta e, in occasione della guerra del Peloponneso contro Atene, pur non coinvolta direttamente nel conflitto, negò nel 415 a.C. l'approdo alle navi della flotta ateniese dirette verso la Sicilia. Il periodo di maggiore floridezza della città corrisponde al governo settennale di Archita, che segnò l'apice dello sviluppo tarantino ed il riconoscimento della preminenza sulle altre colonie greche dell'Italia meridionale. Dal 343 a.C. al 338 a.C. i Tarantini, dopo aver fondato una serie di phrouria tra le quali Pezza Petrosa, si scontrarono ancora con i Messapi, rimediando una sconfitta che culminerà con la morte del Re spartano Archidamo III, accorso, nel frattempo, in aiuto della città. Nel 335 a.C., in occasione di una guerra contro i Lucani, i Bruzi ed i Sanniti, giunse Alessandro I d'Epiro detto il molosso, che riuscì a conquistare le città di Brentesion, Siponto, Heraclea, Cosentia e Paestum. Nel 303 a.C., allo scopo di frenare l'espansione di Taranto, i Lucani si allearono con Roma, che, tuttavia preferì concordare la pace; nei trattati stipulati fu inclusa una clausola in base alla quale veniva vietato alle navi romane di spingersi ad oriente oltre il Capo Lacinio.

Nel 282 a.C., Roma inviò una flotta composta da dieci navi in soccorso degli abitanti di Thurii, assediati dai Lucani; per raggiungere Thurii, i Romani dovettero oltrepassare Capo Lacinio e pretesero di ormeggiare nel porto di Taranto. La città era impegnata nei festeggiamenti in onore di Dioniso e la popolazione assisteva ai giochi nell'anfiteatro vicino al mare: viste all'orizzonte le navi romane, i Tarantini, che già odiavano Roma per le sue mire espansionistiche e per gli aiuti che aveva sempre prestato ai governi aristocratici, videro in questo arrivo una violazione del trattato del 303 a.C. e non esitarono, quindi, ad affrontarle con la propria flotta, riuscendo ad affondare quattro navi e a catturarne una e facendo molti prigionieri tra i Romani. Non appagati, marciarono contro la vicina Thurii, sopraffacendo il presidio romano e saccheggiando la città. Nonostante l'oltraggio subito, Roma non volle cominciare un guerra che avrebbe sicuramente richiamato nella penisola milizie greche o cartaginesi, pertanto inviò nella città come ambasciatore Lucio Postumio per chiedere con fermezza la restituzione della nave e dei prigionieri catturati, nonché l'abbandono di Thurii. Postumio fu accolto con dileggio e sarcasmo per il suo abbigliamento e per il greco incerto con cui si espresse. Avendo, inoltre, espresso delle minacce, per reazione i Tarantini invitarono l'ambasceria ad abbandonare subito la città e si racconta che in quell'occasione un uomo di nome Filonide, soprannominato "Kotylè" per il suo aspetto, orinò sulla toga di Postumio, che così ammonì la popolazione: "Per lavare quest'offesa spargerete una gran quantità di sangue e verserete molte lacrime".
La guerra fu dichiarata nel 281 a.C.